La raccolta delle opere è la documentazione, la prova indiscussa dello stato dell’arte di Massimo Caruso e insieme una preziosa indicazione per risalire al percorso evolutivo da cui trae origine. Come la disciplina dell’alchimista, alle prese con la trasmutazione della materia nel fuoco dell’ ”athanor”, porta ad un processo di trasformazione e di crescita interiore, così la travagliata maturazione della tecnica pittorica di Massimo Caruso procede di pari passo con la sua evoluzione spirituale.
Ritratti, marine, paesaggi sono frutto di un linguaggio personale, liberato da barocchismi e ingessature stilistiche, che ha riscoperto il segreto dell’espressione per mezzo del colore. La precisione chirurgica del segno fa scaturire il colore che si effonde carico e denso, mentre l’opera affiora, come predestinata, sul bianco della tela.
Un linguaggio che, a volte, mediante la liberazione delle potenzialità immaginative dell' inconscio, raggiunge uno stato conoscitivo che va oltre la realtà visibile. Altre volte le contrapposizioni cromatiche, al servizio di un’arte astratta e informale, svincolano l’artista dalla riproduzione di una tematica oggettiva esteriore per comunicare il complesso dei sentimenti che si agitano dentro di lui.
Una pittura, quindi, che attinge alle logiche – non logiche dell'inconscio, per poi trasferirle e manifestarle nella dimensione cognitiva. Ed è nel continuo spaziare tra la dialettica dell'inconscio e quella della intelligenza cosciente che le opere di Massimo Caruso diventano trascrizioni creative del suo vissuto emozionale.
Oltre alle tonalità cariche del colore e alla semplificazione delle forme, Caruso sembra condividere con i “fauves” l’impetuosa aspirazione alla libertà e all’autonomia della creazione artistica nei riguardi della convenzione visiva. Anche secondo l’assunto di Marcel Duchamp la pittura, invece di essere puramente visiva, dovrebbe aver a che fare con l’intelligenza della mente. E quello di Massimo Caruso è il tentativo, a nostro modo di vedere riuscito, di riportare la pittura al servizio della mente e della poesia.
Nei suoi dipinti ricorre con insistenza la figura femminile, ideale di bellezza ispiratrice che testimonia l’attrazione e l’interesse del suo immaginario verso la donna e l’universo femminile. Le sue icone, colte in atteggiamenti trasognati e misteriosi, rappresentano la controparte femminile che è in ciascuno di noi, il bisogno inconscio della donna e dei suoi valori. Sono opere che celebrano l’incontro tra il Logos e l’Eros, tra gli aspetti solari dell’uomo e quelli lunari della donna. Un connubio mediante il quale la donna torna ad essere musa ispiratrice e insieme ancora di salvezza per l’uomo.
C’è un modo visivo, retinico, di apprezzare i dipinti di Massimo Caruso, valutandoli sul piano estetico e su quello del significato. Ma esiste un modo più diretto di arrivare all’universo dell’artista: visualizzarli in modo simbolico, quasi fossero dei “mandala”, fino a penetrare, attraverso le sfumature dei colori, il panteistico amore per la natura e la raffinata spiritualità dell’autore, essenza di un maturo umanesimo e di una profonda fede nei valori dell’Assoluto. Ogni quadro diventa così una stazione da cui partire per un viaggio verso un più alto livello di consapevolezza.
Federico R. Neri